Il Metauro
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I racconti di Marco, la famiglia Rossini e le ceste di Getulio

Marco Manoni ricorda le famiglie che vivevano a Lucrezia negli anni '40 e '50. In un immaginario itinerario ci racconta le storie dei vari componenti

marco manoniLUCREZIA – L’ultima casa sulla sinistra di via Corvina era abitata dalla famiglia Rossini, i Rusin. Il capofamiglia si chimava Getulio, sua moglie Luigia detta anche Gigia. Avevano quattro figlioli: Anita, Mario, Celerina e Giovanni.

Getulio era un uomo panciuto, pacioso e simpatico, era chiamato Getulli de Rusin. Avevano una casa di loro proprietà circondanta da un appezzamento di terreno coltivato a viti e ortaggi.

Getulio, a causa della sua mole, non era adatto a maneggiare vanga e zappa ma era espertissimo nel costruire cestie di vimini e canne per poi venderle nei mercati della zona.

In primavera andava nella boscaglia del fiume Metauro, sceglieva salici rigogliosi e canne che poi utilizzava per costruire ceste di diverse dimensioni. Nei giorni di mercato passava lungo la via Flaminia in sella alla sua bicicletta, piena di cestini, pedalava lentamente, mentre il suo inseparabile sigaro toscano pendeva dalle sue labbra carnose.

Luigia, moglie di Getulio, era una figura esile e schiva, accudiva marito e figlioli ma anche i tanti animali posseduti dalla famiglia: una mucca da latte, conigli e polli.

Mario, il figlio maggiore, era abbastanza solitario, stacanovista nel lavoro, prima come ortolano nell’appezzamento di terra della famiglia, più tardi nel settore edilizio. Di lui ho il ricordo di una domenica quando assistevamo alla proiezione di un film al cinema Flaminio di Calcinelli. Lui stava in piedi perché diceva che solo così riusciva a guastare la trama del film. Si unì in matrimono con una bella giovinetta che abitava a Calcinelli nella casa cantoniera rossa all’inizio del paese.

Anita, la secondogenita, l’ho conosciuta quando era già sposata ad un giovane Bartolucci di Fiordipiano. Celerina era chiamata da tutti Cella. Era una bella figliola. Andò sposa a Dino Ricci, un giovane che viveva nelle vicinanze.

Giovanni era l’ultimo della nidiata. Lo chiamavano tutti Gianni. Eravamo amici e coetanei. Era magro e si spostava dalle colline al fiume in cerca di nidi di fringuelli, usignoli, verdoni, gastriche e torcicolli. Lo ricordo anche quando si immergeva nei gorghi del fiume Metauro e acchiappava con le sole mani pesci ed anguille, era proprio un tipo alla Tarzan.

Porto con me un bellissimo ricordo della famiglia Rossini del fiume!

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