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Consigli di Quartiere, Tinti: “Solo una parvenza di democrazia”

Dimitri Tinti evidenzia le criticità del regolamento dei consigli di quartiere, votato in consiglio comunale. Le scelte della maggioranza sarebbero solo una parvenza di democrazia

dimitri tintiFANO – Dimitri Tinti, consigliere comunale di minoranza del Partito Democratico, interviene sull’approvazione in consiglio comunale del regolamento del consigli di quartiere.

“Sono sempre stato favorevole all’istituzione dei Consigli di quartiere come strumenti di cittadinanza attiva e partecipazione, tuttavia, nonostante il regolamento approvato nel 2019 (quello sì frutto di ampio confronto), nella precedente amministrazione non siamo riusciti a renderlo operativo e questa mancanza va riconosciuta.

Ora però – afferma Tinti –  il nuovo regolamento approvato dalla maggioranza in Consiglio presenta criticità evidenti”. Questi i punti “critici” messi in evidenza.

Mancanza di condivisione e confronto reale

Il percorso di condivisione è stato del tutto assente. In passato, nonostante i numerosi incontri ampiamente documentati per l’ASP (Azienda Pubblica di Servizi alla Persona), proprio chi oggi siede in giunta, a partire dal sindaco, mi attaccava per non aver garantito la partecipazione. Ora, per i Consigli di quartiere che riguardano tutti, non c’è stato alcun confronto, né con il terzo settore né con le varie associazioni culturali o ricreative.

Nomine dal Consiglio senza garantire una vera rappresentanza

Il nuovo regolamento stabilisce che il 75% dei consiglieri (15 per quartiere) sarà scelto dal Consiglio comunale, lasciando il 25% (i rimanenti 5) all’estrazione a sorte. Affidarsi alla dea Fortuna, specialmente a Fano, sembra una scelta ironica; invece, tradisce la scarsa considerazione per le opposizioni: le nomine saranno fatte dalla maggioranza in Consiglio, per le minoranze non è prevista alcuna garanzia, dovendo confidare nella buona sorte o nel buon cuore di chi governa che però, come tutti, è pro-tempore non eterno.

Democrazia quantitativa, non qualitativa

Aumentare il numero di consiglieri fino a 200, cioè 20 consiglieri per ognuno dei 10 quartieri (nel 2019 ne erano previsti 9 per quartiere), rischia di creare un’assemblea pletorica e inefficace. La quantità non garantisce qualità nella partecipazione. Una democrazia partecipativa non si misura dai numeri, ma richiede un coinvolgimento autentico dei cittadini e solo così i Consigli di quartiere diventano autorevoli ed efficaci.

La democrazia è impegno, non scorciatoia

Affidare alla sorte la scelta di alcuni consiglieri potrebbe sembrare un modo per garantire imparzialità, ma in realtà ci si sottrae alla fatica della democrazia che richiede impegno e fiducia e non si affida al caso. Chi si propone per rappresentare un quartiere ci mette la faccia, si guadagna il sostegno dei cittadini e per questo viene riconosciuto. Solo così i Consigli di quartiere possono diventare veri spazi di confronto democratico.

Evitare le divisioni politiche?

La maggioranza ha respinto anche la nostra proposta di creare un unico elenco di candidati, quindi, è caduto l’alibi del rischio delle divisioni partitiche nei quartieri. Così i cittadini avrebbero potuto scegliere liberamente i propri rappresentanti al di fuori di logiche di coalizione, favorendo una partecipazione più ampia e inclusiva. La vera partecipazione non teme il confronto, ma questa amministrazione sembra volerlo evitare.

Una parvenza di democrazia

L’idea di “partecipazione popolare” promessa in campagna elettorale dalla coalizione di centrodestra è subito ripiegata in un sistema in cui le nomine sono decise dall’alto e da pochi. Ci vuole molta presunzione per definire questo regolamento come una “pagina epocale di trasparenza e condivisione”. Invece non è prevista una reale partecipazione e sarà inevitabile che, se e quando questo modello dovesse fallire, il rumore della caduta sarà tanto forte quanto la pretesa di successo”.

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