FANO – Tre ex docenti dell’Isituto Carducci, Augusto Brunori, Giuseppe Franchini ed Enrico Tosi, intervengono sulla questione alberi abbattuti nell’area scolastica per l’avvio del cantiere che prevede la costruzione di un nuovo edificio scolastico.
“Sono trascorsi più di 40 anni da quando la comunità scolastica dell’Istituto Magistrale
“Giosuè Carducci” si impegnò con tutte le sue componenti (insegnanti, allievi e personale non docente) per trasformare in area verde il piazzale spoglio e anonimo contiguo agli edifici dello stesso “Carducci” e del “Nolfi”.
Fu il coronamento di un sogno che dal punto di vista economico non costò praticamente nulla alla collettività: il coordinamento fu dei docenti del “Carducci”, le piante furono fornite dalla Guardia Forestale, il progetto fu approvato dai tecnici comunali e alla manutenzione pensarono i bidelli, in particolare per l’irrigazione in periodo estivo.
Nacque un’oasi verde, esteticamente gradevole e con funzione di barriera antirumore e antismog, un’area ben diversa da quelle dai complessi scolastici della nostra città e simile a quelle tipiche del mondo anglosassone.
Ma l’area verde aveva assunto un valore in più molto significativo: all’inizio degli anni Duemila, per onorare la memoria dei due magistrati che avevano dato la vita nella lotta contro la mafia, il piccolo parco fu dedicato con una targa alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Di questa targa non risultano notizie ma si spera che, una volta completati i lavori, venga adeguatamente ripristinata e valorizzata.
Purtroppo, ignorando tutto questo, il complesso scolastico è stato praticamente distrutto: il “Carducci” è stato demolito perché ritento pericolante, anche se qualcuno riteneva possibile il suo riutilizzo grazie ad una manutenzione straordinaria, e l’area verde è diventata un “cimitero” di tronchi degli alberi abbattuti in un numero che a nostro parere è eccessivo. Arrecavano forse disturbo al costruendo nuovo edificio?
Purtroppo, è una distorta idea di futuro quella di realizzare un nuovo luogo di formazione per giovani generazioni, distruggendo l’esistente.
La comunità educante di quaranta anni fa il futuro lo aveva immaginato diverso e in grado di dialogare anche con l’ambiente naturale.
E infine, in casi come questo, perché gli alberi maturi non vengono considerati come un patrimonio da salvaguardare perché sono difficilmente sostituibile con nuove piante che impiegheranno decenni per restituire alla città le funzioni perdute?”