10 febbraio, l’impegno di Pesaro a favore degli esuli giuliano-dalmati
L'immpegno di alcuni cittadini pesaresi che hanno accolto e supportato gli esuli giuliano-dalmati. L'iniziativa del Treno del Ricordo che purtroppo non farà tappa a Pesaro
PESARO – Una riflessione di Giorgio Girelli, presidente emerito del Conservatorio Rossini di Pesaro, sull’impegno di alcuni pesaresi nel dare supporto e aiuto agli esuli giuliano-dalmati in occasione del Giorno del Ricordo.
Le “pagine di storia buia e tragicamente sofferte” sono state rievocate dal Presidente Mattarella nel “Giorno del ricordo” celebrato al Quirinale in memoria delle migliaia di italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale. Due i simboli della catastrofe – ha puntualizzato Mattarella – dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana”.
Il Capo dello Stato ha ripercorso quel periodo di storia: “La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti.
Le sparizioni nelle foibe o dopo l’internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani”.
Tra le tante iniziative promosse in Italia, particolare impegno hanno posto Prefettura e Comune di Pesaro nel ricordare l’operato del questore aggiunto di Fiume Giovanni Palatucci, medaglia d’oro, che salvò migliaia di ebrei pagando il suo coraggioso operato con la vita a Dachau, dove lo deportarono i nazisti. Ma anche nel porre in rilievo il “fondamentale ruolo della comunità pesarese nell’accoglienza dei profughi giuliano-dalmati”.
Ormai è storia consolidata l’imponente “Opera” cui dette vita Padre Damiani nell’ospitare migliaia di giovani connazionali provenienti dalle Terre sottratte all’Italia e fornendo loro anche una istruzione che li avviò a ben collocarsi nella vita. Questo prete fu protagonista di una impresa eccezionale.
Nell’aprile 1945 viene richiamato in servizio militare ed assegnato come cappellano al Campo Profughi e Reduci di Udine dove affluivano i soldati reduci dalla guerra e dai campi di concentramento. Esauritosi il passaggio delle colonne dei reduci iniziò l’arrivo dei profughi dall’Istria, da Fiume, dalla Dalmazia.
Fra essi, quelli che più commossero Padre Pietro Damiani furono i bambini: piangenti, ammucchiati in aule scolastiche trasformate in dormitori, sdraiati su misere coperte nei cortili e, “nella mia mente si accendeva il desiderio – ricorda il sacerdote – di fare qualcosa di particolare per i bambini orfani, profughi, derelitti. Che colpa avevano essi, se gli uomini erano capaci di tanta crudeltà? Decisi così di fondare una struttura per raccogliere i bambini vittime della guerra”.
Dal niente col tempo e con la solidarietà di molti, ma anche con tanti sacrifici e sofferenze, si pervenne alla grande “Opera che porta il suo nome e dove fino a qualche tempo fa annualmente si riunivamo gli ex-studenti divenuti valenti professionisti della società italiana.
Ed altrettanto coraggiosa e proficua fu l’azione dell’allora sindaco Renato Fastigi il quale, pur in presenza di un clima di diffidenza che purtroppo aleggiava in Italia nei riguardi dei profughi (considerati, chissà perché, filofascisti), non esitò a fornire a molti di loro aiuto e valido sostegno.
Un singolare ed apprezzabile ricordo – fa sapere il sito della Presidenza del Consiglio – è quello attivato dalla Società Istriana di Archeologia e Storia Patria con il progetto dal titolo “Leggere e ascoltare per ricordare. Giuseppe Tartini e la sua musica”, dedicato al compositore e violinista istriano del settecento. Figlio insigne dunque, anche se a suo tempo non subì persecuzioni, di quelle terre sottratte alla sovranità italiana.
La Società presenterà la ristampa anastatica di un’opera dell’artista e organizzerà, in sinergia con il Conservatorio di musica “Giuseppe Tartini” di Trieste, un intrattenimento con musiche appunto di Giuseppe Tartini.
Sempre dal sito della Presidenza del Consiglio si apprende che “dal 10 febbraio al 27 febbraio 2024 si svolgerà il progetto del “Treno del Ricordo”, promosso dal Ministro con delega di funzioni in materia di anniversari nazionali, che prevede l’organizzazione di un viaggio, su un treno storico appositamente allestito con una mostra multimediale, che ripercorra idealmente quello compiuto dagli esuli istriani, fiumani e dalmati”.
Il Treno del Ricordo sarà inaugurato oggi 10 febbraio nella stazione di Trieste. Il suo viaggio partirà l’11 febbraio e toccherà numerose tappe :Venezia, Milano, Torino, Genova, Ancona, Bologna, Parma, La Spezia, Firenze, Roma, Napoli, per concludersi il 27 febbraio a Taranto.
Osservazione: ma perché non Pesaro che in Italia è tra le città che più si è adoperata per soccorrere i profughi?”