FANO – Secondo appuntamento della Rassegna “Con le parole giuste” dedicata quest’anno al tema della nostra RESPONSABILITA’ nei confronti del mondo.
Sabato 7 dicembre (ore 18) saranno a Fano per dialogare con il giudice Francesco Messina dell’Associazione Nazionale Magistrati, Alberto Conci e Manlio Milani nell’incontro pensato per commemorare i 50 anni della strage di piazza Fontana, l’attentato avvenuto il 12 dicembre 1969.
La bomba scoppiata il 12 dicembre del 1969 nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, 17 morti e 88 feriti, segna uno snodo importante per le vicende politiche e sociali che verranno nel nostro Paese. La parola scelta sarà VITTIME proprio perchè si parlerà della responsabilità della nostra comunità nei confronti di tutte le vittime.
Manlio Milani, insignito dal Presidente della Repubblica Luigi Scalfaro nel 1994 del titolo di Commendatore, è presidente dell’Associazione familiari dei caduti di Piazza della Loggia e partecipa alla fondazione dell’Unione familiari vittime stragi, mentre con Comune e Provincia di Brescia ha fondato, nel 2000, la Casa della Memoria, centro di documentazione sulla strage bresciana e la violenza terroristica, neofascista in particolare. Nella strage di Piazza della Loggia avvenuta nel maggio 1974 Manlio ha perso la fidanzata Livia.
Alberto Conci laureato in Filosofia e Teologia all’università di Innsbruck è insegnante di religione al Liceo Scientifico e Linguistico “Leonardo da Vinci” di Trento. Con un gruppo di studenti ha realizzato due volumi (Sedie Vuote e A onor del vero) che contengono i dialoghi con alcuni dei familiari delle vittime dei terrorismi italiani. Per questi due volumi Conci è stato insignito dall’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano del riconoscimento di Cavaliere della Repubblica. Tiene periodici incontri nelle scuole durante i quali fornisce ai giovani conoscenze storico culturali degli eventi che hanno caratterizzato in maniera significativa l’Italia dalla fine degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta.
“La strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, rappresenta nel nostro Paese un punto di non ritorno – afferma il professor Conci – la bomba collocata nella Banca nazionale dell’Agricoltura, che uccide 17 persone e ne ferisce una novantina, fa parte di un disegno eversivo che, in quel pomeriggio, intende colpire la giovane democrazia italiana collocando altre quattro bombe, tre delle quali a Roma e una nella Banca Commerciale di Milano.
La strage, solo inizialmente attribuita a esponenti anarchici, viene ben presto ricondotta agli ambienti dell’estrema destra ordinovista e tale ipotesi verrà confermata dalle indagini. La vicenda processuale, che confermerà la matrice ideologica della strage e porterà alla luce le responsabilità di alcuni ufficiali dei servizi segreti italiani, lascerà nei familiari delle vittime l’impressione amara di una sostanziale impunità degli esecutori e dei mandanti. Una percezione tanto più drammatica se si tiene conto del fatto che la strage costituisce da un lato il punto di arrivo di una stagione di grandi fermenti sociali che la precedono – si pensi solo all’autunno caldo, con un numero di ore scioperate che non ha eguali in tutta la nostra storia repubblicana – e dall’altro il momento reale e simbolico in cui si comprende il significato della strategia della tensione in un Paese, l’Italia, che era allora l’unica democrazia liberale del sud Europa.
La storia delle vittime di piazza Fontana si intreccia così con la grande storia: esse sono gli obiettivi di una strategia che lascia soli i familiari che si trovano, loro malgrado, ad essere i simboli degli effetti della violenza stagista che colpisce con una intensità che non aveva precedenti dopo la fine della guerra; ma sono anche coloro che diventano, con il loro bisogno di giustizia e di verità, il simbolo di un Paese che non si vuole piegare al ricatto delle ideologie eversive. Da lì non sarà più possibile tornare indietro. Sarà l’inizio della drammatica stagione dei terrorismi italiani che, con metodi diversi, segneranno la vita politica e sociale per i due decenni successivi.
Di questo e tanto altro – conclude il professore – parleremo con Manlio Milani, presidente della Casa della Memoria di Brescia, uno dei più autorevoli testimoni della necessità di ricostruire la storia degli anni di piombo”.